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Criteri MDB
 
 
 
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L'attuale incapacità dei metodi convenzionali di dare una risposta realmente efficace alla patologia neoplastica avvilisce e umilia la medicina perché, a differenza di patologie drammatiche e improvvise come ictus e infarti, che non concedono i tempi per contromisure efficaci, il tumore evidenzia, con il suo lento decorso, la reale impotenza delle attuali misure terapeutiche mediche.

L'aumento del numero di casi di tumore che si registra ogni anno, unitamente all'incremento dei decessi a causa della patologia tumorale (quasi 300.000 l'anno in Italia), certifica con tragica evidenza l'inadeguatezza degli attuali protocolli chemioterapici.
L'eziopatogenesi del tumore non è stata del tutto chiarita anche se si conoscono molteplici cause responsabili dell'insorgenza e della proliferazione neoplastica.
Una terapia citotossica e citolitica, come quelle usuali, non elimina gli agenti causali del tumore, ma agisce su quella cellula neoplastica che è la risultante della loro azione.
Una percentuale di cellule tumorali sopravvive sempre e in ogni modo anche ai trattamenti chemioterapici più intensivi e prolungati, con la capacità d'adeguarsi ad essi e produrre nuove popolazioni cellulari neoplastiche resistenti.
Gli effetti collaterali della chemio sono comunemente e tristemente noti ed agiscono alterando quelle capacità immunitarie, quel trofismo ed integrità del terreno biologico vitali per un'efficace difesa degli organismi aggrediti dal tumore.
Vanno considerate anche, tra gli effetti negativi della chemio, il rilevante incremento dei radicali liberi, noti fattori cancerogeni, e la capacità di molti chemioterapici d'indurre mutazioni cellulari che possono essere neoplastiche.

Il fallimento di campagne di ricerca antitumorale, come il National Cancer Act, finanziato con imponenti fondi superiori a tutti gli stanziamenti precedenti, firmato da Nixon il 23 dicembre 1971, divenuto pertanto legge dello Stato, fu raffrontato dalla stampa americana all'esito disastroso della guerra del Vietnam.
Questo fallimento succeduto a clamorosi annunci retorici con promesse costantemente rinnovate di continui progressi nella lotta al cancro suscitò un vespaio di critiche. Si giunse a parlare nella stampa americana "d'orgia soporifera prodotta da un sacco d'escrementi" e si definì il risultato della lotta al cancro "il Vietnam della medicina".

Come scrive Ralph Moss "la gestione del cancro pare riposta nelle mani di quelle forze che sono finanziariamente interessate alle conseguenze del problema". Si sono formati circoli distinti di potere, sebbene fra di loro per molti versi differenti, ma sufficientemente connessi e legati, sì da formare una sorta d'establishment del cancro che controlla l'orientamento della prevenzione, della diagnosi e della terapia del cancro negli Stati Uniti. I fondi per la ricerca sono erogati dal National Institute of Health. Tutta la legislazione tende ad accentrare il potere in poche mani e ad accrescere il conservatorismo nei confronti di nuove terapie.

La stessa chirurgia, che ha un ruolo primario nella terapia dei tumori, tende ad essere radicale e ad eradicare, nei limiti del possibile, tutte le localizzazioni neoplastiche.
Non si considera che lo stesso atto chirurgico è la prima e chiara espressione della coscienza dell'attuale mancanza, con i metodi convenzionali, di un mezzo efficace di guarigione dal tumore. Interventi estesi e mutilanti non avrebbero ragione d'essere in presenza di una chemioterapia veramente efficace.
Va considerato inoltre il tumore sempre e comunque come una malattia sistemica, causata dal sovvertimento dell'equilibrio biologico e fisiologico che ne ha acconsentito l'insorgenza. Anche quando la lesione tumorale accertata è unica va considerata come la massima concentrazione in un punto di cellule neoplastiche potenzialmente ubiquitarie. Una terapia razionale e causale va pertanto orientata sia al ripristino dell'equilibrio fisiobiologico che all'eliminazione dei fattori causali individuati.
Non si può, al di fuori della biologia molecolare, ipotizzare di venire a capo della patologia neoplastica, né ci si può illudere di riuscirvi con un unico principio attivo per la molteplicità dei fattori etiopatogenetici.
A questi va contrapposta una terapia multifattoriale come l'MDB che risponde ai requisiti di salvaguardare il terreno biologico, potenziare l'immunità naturale ed esercitare un'attività antiproliferativa che inibisca la crescita del tumore attraverso l'inibizione dei fattori di crescita.
L'azione di ripristino dell'equilibrio fisiobiologico si ottiene attraverso l'impiego dei retinoidi, vitamina E, C, D3 e melatonina. Questi fattori svolgono un'attività di potenziamento della crescita cellulare ordinata e fisiologica (differenziata) dei tessuti sani in contrapposizione a quelli neoplastici ed esercitano attività antiossidante, antiradicali liberi, prodifferenziante (riconvertono alla normalità cellule tumorali o indifferenziate) e proapoptotica (inducono con meccanismi fisiologici, non citotossici, alla morte la cellula neoplastica).
Svolgono anche un'attività immunostimolante, antiproliferativa, antimetastatica e antiangiogenetica con modalità e meccanismi sinergici e potenziatori degli inibitori dei fattori di crescita, quali somatostatina e bromocriptina-cabergolina.
Questi inibitori non agiscono solo sul GH, principale fattore di crescita riconosciuto dalla letteratura internazionale come responsabile primario di cancerogenesi, ma su tanti altri e non secondari fattori di crescita come le somatomedine, IGF I-II, EGF, FGF, NGF, prolattina, hPL, TGF alfa e beta, PDGF e VEGF che svolgono un ruolo rilevante e sempre più evidenziato nella progressione neoplastica.

 

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